LA PRIMA EMERGENZA

di Stefano Maruelli

 

l mio nuovo Bat Bitch va veramente molto bene, è veloce, ha un'ottimo tasso di caduta e sopratutto e molto più sicuro del mio paracadute di emergenza !
A qualcuno, pratico di volo, potrà sembrare un'affermazione piuttosto bislacca: " Da quando un paracadute di emergenza può essere poco sicuro? E' costruito apposta per salvare le vita al pilota in caso in cui l'ala principale con cui sta volando cessi la sua funzione vitale e renda il pilota più simile ad una pietra che ad un uccello... Teoricamente funziona sempre, è a prova di stupido...".
Mercoledì: sono ancora in vacanza, il sole di fine settembre è ormai poco efficace e nei giorni di alta pressione non si può che sperare in una modesta dinamica di pendio, forse un paio di termiche, ma nulla di più.
Alle 12.20 sono alla fermata del pullman che mi porta fino al decollo basso, chiacchiero con un paio di signore anziane che ormai mi conoscono per "quello che si butta con quegli affari che volano..."
Dopo una tremenda sudata in quel forno blu a irraggiamento arrivo alla fermata, proprio davanti al decollo; scendo come sempre ringraziando l'autista.
Oggi lo strato di inversione termica, dentro al quale la caliggine di polvere, vapore acqueo e smog restano intrappolati, avvolge la pianura, è un po' più basso del solito, questo significa che si riuscirà a salire un po' sopra il decollo fino ad un massimo di 1000, 1200 metri. Oltre questa quota il vento meteo da est "rompe" la dinamica e mi impedirà certamente di salire, per giunta si creano delle discrete turbolenze; sicuramente non farò un volo tranquillo.
Dopo i soliti preparativi decido che è il momento buono per decollare, ormai ho messo a punto una discreta tecnica, conosco il punto migliore dove stendere l'ala, dove posare l'imbragatura, dove appoggiare il casco perchè non rotoli giù per il pendio e dove appartarmi per eventuali bisogni... Sono ben vestito, scarponcini, jeans e giaccavento di Gore Tex e, ovviamente, sottocasco di Pile. In queste condizioni ho 20 minuti di sopravvivenza al caldo: devo decollare se non voglio diventare un ramoscello essicato da sole.
Inizio a sollevare l'ala che, come spesso succede quì, non vuole saperne di gonfiarsi uniformemente; la semiala di sinistra è perfettamente gonfia sulla testa, ma l'altra penzola come un lenzuolo sbattuto dal vento. Con il freno sinistro rallento al massimo la semiala aperta e con il freno destro "pompo" per rigonfiare l'altra, in questa situazione devo aspettare che l'aria, fluendo dai fori delle centine della parte aperta rigonfi i cassoni che si sono svuotati; l'azione del comando è quella di far assumere alla parte chiusa la forma in grado di generare una piccola portanza che facilita la riapertura. I cavi, lunghi più di 7 metri, sono tesi da una parte dell'ala e talmente laschi dall'altra che adesso mi stisciano sulle gambe. Devo cercare di non lasciarmi impigliare il braccio in qualche cappio.
Finalmente riapro totalmente l'ala, la brezza abbastanza sostenuta mi proietta in volo facendomi retrocedere di qualche metro. Sono ancora sulla verticale del decollo a 5 metri da terra.
Imposto la virata a sinistra per iniziare subito a sfruttare la buona dinamica, ma con la coda dell'occhio vedo un foglietto di alluminio che vola a terra... Nessun oggetto in tasca di quel colore, la mia mente si sofferma per un attimo su quell'insignificante particolare, potrebbe essere la stagnola che ho usato per avvolgere il panino due giorni fa, ...impossibile...
….CONTINUA SUL LIBRO IN USCITA “LE ALI DELLA LIBERTA’” di S.Maruelli