UN BRUTTO INCIDENTE

di Stefano Maruelli

 

ono in val di Cogne, come tutte le estati, oggi abbiamo deciso di andare a fare un volo dal versante ovest della punta Fenilia. Un volo compiuto già diverse volte, non molti problemi, a parte il decollo introvabile e la brezza di valle a volte molto forte.
Il fuoristrada di Roby si arrampica bene sulla pista sterrata che hanno appena tracciato, in quello che prima era un bosco, per poter costruire un nuovo impianto di sci. La giornata sembra promettere bene, è agosto, l'alta pressione garantisce tempo bello per almeno una settimana. Qualche piccolo cumulo ad evoluzione diurna sovrasta le creste, è un buon segno. Finita la pista salutiamo ROBY che torna a valle, entusiasta di aver fatto un ottimo percorso di fuoristrada, ...contento lui...
Guardo con orrore la nuova ferita aperta nel bosco dalle piste per la seggiovia, il PARCO NAZIONALE DEL GRAN PARADISO sta cedendo, un passo alla volta, boschi secolari, prati e animali alla società cosiddetta "civile".
Saliamo in silenzio zaino a spalle.
Entriamo nella parte di parco ostile all'uomo civilizzato, perchè impervia: quì le pale meccaniche non possono arrivare, gli animali sono protetti dalle mura di pietra di una città chiamata natura; possiamo ancora goderci lo spettacolo di un branco di camosci che pascola indisturbato, siamo sottovento, non si accorgeranno del nostro passaggio. Una marmotta lancia il segno d'allarme, è la sentinella della montagna, il suo fischio mette sull'attenti tutti gli animali, solo gli stambecchi restano impassibili, la presenza di un estraneo non li turba affatto, la potenza delle loro corna li rende sovrani delle praterie e degli strapiombi.
A volte, se non ci sono i piccoli, si possono anche accarezzare, come se fossero delle capre addomesticate. Il periodo delle faide per il dominio sul branco è ormai passato da alcuni mesi, ma i segni della dura lotta si possono ancora scorgere sulle fronti spelate degli animali adulti, magari solo sfiorati da una possente cornata che avrebbe potuto essere letale.
Mentre continuiamo a salire incontriamo un vecchio maschio isolato dal branco: sta attendendo con pazienza il giorno in cui lascierà il parco per prati più verdi, la solitudine che lo circonda è più aggiacciante del freddo dei ghiacciai eterni che sono al nostro fianco.
Dopo aver percorso una traccia di seniero arriviamo su una enorme pietraia creata dal continuo franare della roccia della cima, da quì sarebbe impossibile decollare, dobbiamo salire ancora e cercare un zona in cui si possa almeno stendere l'ala.
Finalmente troviamo un pendio regolare, fatto di piccoli sassi di origine calcarea, milioni di anni fa forse era il fondo di un mare sconfinato; un po' d'erba, non è certo un prato, ma con la nostra esperienza si può decollare, basta fare attenzione a non impigliare i cavi.
Già la nostra esperienza... Moreno ha fatto il corso da "Jean" un mese prima di me, ormai sono passati due anni e di voli ne ha fatti molti.
Apriamo le ali e iniziamo i preparativi, la dinamica del pendio è forte, fra me e me penso che in fondo valle il vento deve già tirare a più di 20Km/h. Chiedo conferma al cognato di Moreno, a cui abbiamo lasciato una radio per comunicarci le condizioni in atterraggio. La risposta arriva chiara:"Poco vento, 7 o 8 nodi".
….CONTINUA SUL LIBRO: “LE ALI DELLA LIBERTA’” di S.Maruelli