di Stefano Maruelli
dicembre, quest'inverno particolarmente secco lascia
spoglie dalla neve tutte le montagne.
Dopo l'incidente di volo in agosto, in cui mi sono
fratturato lo zigomo, sono nuovamente in volo !
Se non fossi certo che la colpa non é stata mia, ma di chi
mi ha fatto decollare con quel vento così forte, al mio
primo volo di 300m, forse avrei smesso per sempre di volare.
Adesso però le cose sono cambiate, ormai ho acquisito una
certa dimestichezza con l'ala, conosco le condizioni meteo
in cui non bisogna assolutamente decollare e ho già
all'attivo molti voli di 3-400m di dislivello.
La meta per oggi é il monte ZERBION (2700m), con atterraggio
a CHATILLON (500m), per un totale di 2200m di dislivello !
Il tempo previsto per la discesa é di circa 12 minuti, una
bella soddisfazione che pagherà certo le due ore di cammino,
fra i fittissimi rami di un bosco secolare, alla disperata
ricerca del sentiero...
Sono davanti al casello autostradale di Chatillon, aspetto
con ansia J.C., che mi deve portare il parapendio nuovo.
Fa un freddo micidiale, la brina ricopre ogni cosa, sembra
di essere in un paesaggio delle favole.
I pensieri corrono veloci sul crinale della montagna e mi
portano sulla cima: mi ritrovo in volo senza essermene
accorto.
Sto ancora sognando ad occhi aperti.
Passano molte auto e attaverso il vetro brinato cerco di
vedere se quella che sta arrivando é quella giusta, quella
dei nostri amici.
Finalmente arriva, esco velocemente, senza neppure chiudere
lo sportello, mi precipito ansioso di vedere il mio "nuovo
bambino", la mia nuova ala, quella stoffa cucita che
diventerà presto parte di me.
Saluto J.C e con un po' di tensione gli chiedo dell'ala....
"Miseria l'ho dimenticata a casa...!"
Non é uno scherzo, dobbiamo tornare a casa sua a prendere lo
zaino azzurro. Come sempre l'attesa diventa di minuto in
minuto più lunga.
Stefano, l'altro amico, ride sotto i baffi, lui può tenere la
sua ala ben stretta sotto il braccio. In questo momento non
posso che invidiarlo.
Recuperata l'ala saliamo in macchina lungo la strada
asfaltata fino all'alpeggio a mezza montagna, un bellissimo
prato a balze dal quale però non si può decollare, troppo
poco ripido.
Ci carichiamo gli zaini sulle spalle e finalmente partiamo,
più veloci che mai !
Dopo varie peripezie nel bosco, alla ricerca di un sentiero
apparentemente inesistente, che corre a non più di due metri
da noi, ma purtroppo resterà introvabile, siamo sulla cresta
erbosa, al di sopra dei 2000 metri, la dove gli alberi si
diradano e lasciano posto all'erba olina.
Raggiungiamo il decollo a 2700m in poco più di un'ora, siamo
sudati fradici e la gelida brezza mattutina oltre che
rallegrarci si infila fra le maglie dei nostri vestiti
tagliente come la lama di un coltello.
Stefano sta male, abbiamo corso troppo e ora ha il tipico mal di
montagna: lo stomaco rivoltato, sintomi simili allo
svenimento, ma forse gli passerà...
La cresta dello ZERBION offre un pendio erboso lungo più di
un chilometro, mille possibili decolli, tutti favolosi !
Piantiamo il bastone che abbiamo recuperato nel bosco e gli
leghiamo un pezzo di fettuccia bianca e rossa, rubata in un
cantiere; servirà da segnavento.
Il mal di testa di Stefano si fa più acuto, deve scendere per
forza, ma adesso non riesce neppure a stare in piedi.
Un ragazzo che ci ha accompagnati gli sta vicino, non é
grave e non si può fare nulla, se non aspettare che si
riprenda un po' e possa scendere sulle sue gambe.
In montagna capita spesso di soffrire la quota, soprattutto
se non si é allenati, ma per fortuna a 2700m non si corre
alcun rischio grave, il nostro amico se la caverà con un po'
di nausea e oggi pomeriggio dopo una bella dormita sarà già
guarito.
Apriamo le ali, si stendono con le bocche in alto e il dorso
sull'erba. Non c'é che dire, il mio nuovo parapendio
tricolore é proprio "uno sballo", un po' patriottistico, ma
cosa vuoi che mi importi di quello che possono pensare gli
altri !
Libero e distendo i cavi, quelli anteriori sopra tutti, poi
controllo quelli posteriori e poi, con un po' più di
attenzione, allungo il cavo dei freni, che sta sotto a tutti
ed é quello che si impiglia più facilmente nei cespugli
d'erba o nei sassi.
Inizia il rito, che non si deve assolutamente interrompere
se non a controlli eseguiti, della preparazione al decollo.
Mi infilo l'imbragatura (imbrago, in gergo), di tipo
paracadutistico, decisamente scomoda in volo, ma molto
pratica, in quanto lascia molta libertà di movimento alle
gambe durante la corsa del decollo.
Allaccio le fibbie dei cosciali, poi il pettorale, tiro bene
e fermo il capo della fettuccia con un nodo a strozzare.